La storia del lago d'Orta, un modello per molte comunità italiane.

C'è molta vita dentro e intorno al lago d’Orta, il piccolo e bellissimo bacino in provincia di Novara. Quello che oggi è un territorio piemontese sano e in fermento ha vissuto un secolo travagliato nella ricerca dell’equilibrio tra crescita industriale e tutela ambientale.

E la storia del piccolo lago alpino amato da scrittori, artisti, industriali e turisti d’oltralpe vale la pena di essere raccontata perché può rappresentare un modello per molte comunità che in tante parti d’Italia non vogliono più scegliere tra il benessere e la salute.

Il lago d'Orta è stato nel '900 al centro di una storia di inquinamento che ha quasi del tutto eliminato la vita di un lago dove prosperavano anguille, lucci, agoni, tinche, persici reali.

Il primo evento traumatico è nel 1927, con l’avviamento a Gozzano degli stabilimenti della fabbrica tessile Bemberg. Si producevano tessuti in rayon, fibra che necessita per la sua lavorazione di molta acqua pulita e dolce, caratteristiche di cui beneficiava il lago d’Orta.
Purtroppo più la produzione aumentava, più nel lago venivano gettati residui di metalli pesanti: rame e solfato d'ammonio derivanti dalla produzione di cellulosa.

Come in molte aree al centro della storia industriale del Novecento italiano, si è vissuto un contrappasso. L’ambiente pagava il conto di una crescita occupazionale nelle fabbriche che avrebbero tolto dall’indigenza moltissimi abitanti delle valli prossime al lago. Nel settembre del 1928, in un solo anno, il danno era compiuto. La vita nel lago era praticamente estinta a causa dell'acidificazione dell'acqua che portò alla scomparsa del fitoplancton e quindi alla distruzione della catena alimentare.

Il secondo capitolo di questa storia si svolge durante gli anni del boom economico italiano. Una nuova minaccia arrivò dalle aziende produttrici di rubinetti e casalinghi installate a sud del bacino. Anch’esse scaricavano nel lago quantità di rame, nichel, zinco e cromo”. Qui inizia una nuova storia, per fortuna con un lieto fine. Dopo i primi tentativi di risanamento durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1978 venne promulgata la legge che conteneva le Norme per la Tutela delle Acque, a cui seguirono l’installazione di due impianti di trattamento delle acque reflue che permisero un lieve miglioramento della salute delle acque e un accenno di ripopolamento, culminata con la ricomparsa di esemplari di pesce persico, segnalati alla fine degli anni Ottanta. Ma era ancora troppo poco.

Nel 1990 la Regione Piemonte approvò una massiccia operazione di liming, che consisteva nell’aggiunta di carbonati alle acque del lago per neutralizzarne l’acidità. Ci fu così una grossa operazione di rinascita del lago, che riuscì, insieme al collettamento degli scarichi industriali e civili, a riportare lo stato dell’acqua in condizioni chimiche accettabili".

Oggi il lago d'Orta è un lago di nuovo pulito e vivo?
Secondo l’Arpa, (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) che fa 11 rilevamenti ogni mese, la qualità fisico chimica dell'acqua è ottima, mentre la qualità biologica è buona. Buona perché alla catena trofica (la catena animale) mancano alcuni microbioti. Tradotto: l'acqua è molto pulita, ma non siamo ancora arrivati a ripristinare le condizioni in cui possano ritornare alcune delle famiglie degli esseri viventi più delicati che popolavano il lago".

Il lago d'Orta e i suoi dintorni sono per molti un territorio ancora da scoprire, soprattutto se lo paragoniamo ai grandi laghi del nord Italia.

Quali sono le unicità che lo distinguono?
Il Cusio, dalle acque del lago alla cima del Mottarone, presenta una complessità di ambienti e una ricchezza che lo rende molto attrattivo. Vantiamo emergenze artistiche e architettoniche, possibilità di turismo dolce, in bici, in barca e ovviamente a piedi, oltre a eccellenze enogastronomiche. Di più: nonostante la sua travagliata convivenza con l'industria, la zona riserva ancora un lato selvatico che dobbiamo assolutamente preservare. Non vogliamo un lago immacolato, ma un lago vivo e rispettato. Dal punto di vista culturale esprimiamo tanti piccoli musei che raccontano la storia delle arti industriali della zona, per esempio abbiamo il Museo dello strumento musicale di Quarna, il Piccolo Museo degli Ombrelli di Gignese, il Museo del rubinetto di San Maurizio, cui si aggiunge l’importante collezione d’arte della Fondazione Calderara a Vacciago.

Il Cusio è un territorio piccolo ma composito, dove emergono tracce della società di inizio Novecento, quando le montagne erano popolate da molti residenti. A cavallo delle due guerre, con l’arrivo delle industrie a Omegna, Gozzano e Borgomanero, la montagna si è spopolata. Dopo 60 anni di abbandono siamo di fronte alla grande occasione di far rivivere quei luoghi.

Cosa è successo in questo anno di pandemia?
Abbiamo registrato un afflusso incredibile. Sentieri quasi in stato di abbandono sono tornati a essere percorsi. C’è stata una riscoperta di possibilità di escursioni a due passi da casa. Abbiamo visto rinnovarsi l’interesse per percorsi guidati come il Girolago e l'Anello azzurro, che costeggia tutto il lago e tocca luoghi bellissimi come Ronco e Oira, due caratteristici villaggi di pescatori. Infine stiamo cercando di rivitalizzare il percorso lungo l'Agogna, che è il torrente che parte dalle pendici del Mottarone e arriva fino al Po.

Come prenotare

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